La libertà del nostro giornale


Nello stesso giorno in cui Matteo Richetti ha chiesto le mie dimissioni da direttore de l’Unità, Marco Travaglio ha scritto su l’Espresso che l’Ordine dei giornalisti dovrebbe aprire «una pratica disciplinare» nei miei confronti. Le questioni sono molto diverse tra loro. Ma entrambi se la sono presa per due titoli di prima pagina del nostro giornale.
Richetti, insieme ad altri parlamentari amici di Matteo Renzi, ha criticato l’apertura di ieri: «No di Renzi al governo Bersani». A Travaglio ancora non va giù il titolo della giornata in cui M5S e Pdl hanno affossato il pre-incarico del leader Pd: «Patto Grillo-Berlusconi: fermare il cambiamento».

Ovviamente ciascuno è libero di giudicare un titolo come crede. Ma pensare che questo possa essere sanzionato perché contiene una lettura giudicata scomoda, o non conformista, è una caduta impressionante di stile e di cultura.
Richetti almeno si è dimostrato una persona seria: ha tenuto ferma la sua critica nel merito, ma ha riconosciuto che quella storia delle dimissioni è stata un’esagerazione. Chissà se Travaglio farà altrettanto, accettando la banale constatazione che Grillo, con la sua chiusura totale sulla formazione del governo, ha fin qui dilatato il potere di interdizione di Berlusconi e gli ha fatto volutamente un favore allo scopo di colpire Bersani e di spingere il Pd verso l’intesa con il Pdl. Ecco il patto, la convergenza, l’inciucio – Travaglio lo chiami come vuole – tra Grillo e il Cavaliere: vogliono entrambi il governissimo (anche se per ragioni diverse). Si può scrivere, anche se non lo scrive nessuno? È troppo scomoda, scandalosa questa visuale per essere tollerata? Travaglio chiede le prove: sono ovunque, anche nelle pagine de il Fatto. E noi non ci faremo intimidire.
La critica dei renziani mi è dispiaciuta di più. Perché il nostro impegno è di fare de l’Unità un giornale aperto al confronto nel centrosinistra. Un confronto che, per essere vero, non può eliminare o tacere le asprezze. Resto convinto che il titolo di ieri fosse una sintesi veritiera. Renzi ha detto che, arrivati a questo punto, il Pd deve scegliere tra un accordo esplicito con il Pdl e le elezioni anticipate. Insomma, l’ipotesi cancellata è proprio la proposta di Bersani: un governo di centrosinistra che affronti, provvedimento dopo provvedimento, i numeri critici in Senato; un secondo binario delle riforme la cui guida è affidata a chi sta fuori dal governo.
Peraltro Renzi ha criticato anche la tattica, non solo la strategia, del segretario del Pd: «Qui si punta – ha detto – a prendere tempo e a eleggere un Capo dello Stato che ci dia più facilmente l’incarico di fare il nuovo governo». Sia chiaro, è una posizione legittima. Che Renzi ha poi ulteriormente precisato, esprimendo la preferenza per il voto immediato. Finalmente si apre l’opportunità nel Pd di un dibattito pubblico e trasparente. Nel mio articolo di ieri ho discusso con grande rispetto questa posizione, che non condivido ma che, a mio giudizio, contiene elementi di verità che non possono essere liquidati con sufficienza.
Di certo, da noi non c’è alcuna traccia di accuse di slealtà di Renzi verso il Pd: ha detto quel che ritiene utile al Paese. Ma un punto di vista non può essere raccontato solo nella versione «autorizzata». L’Unità vuole essere al tempo stesso aperta al confronto, ma libera di dire cose talvolta sgradite, e soprattutto di offrire ai suoi lettori qualcosa che non trovano altrove.
Claudio Sardo
Da L'Unità - 6 aprile 2013

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