Carta di Intenti PD - I Diritti - Alberto Battaglia, Circolo di Imbersago
I “diritti civili” sono l’insieme delle libertà e delle prerogative garantite alla persona.
Non riguardano solo il singolo, ma possono estendersi alle
organizzazioni di cui il cittadino fa parte (per esempio, le
associazioni politiche). Possono configurarsi quindi come tutele
basilari della persona, garantite, oggi, in primo luogo dalla Costituzione e disciplinate dalla legge, che ne può limitare solo l’esercizio, senza intaccarne il nucleo essenziale per i non cittadini.
I diritti civili, secondo una diversa impostazione, invece, si distinguono dai diritti umani,
i quali soli vengono considerati attribuzioni universali che
prescindono dalla cittadinanza o dalla legge nazionale. In tale
impostazione, i diritti civili possono essere estesi dalla legge ai non
cittadini che si trovano nei confini territoriali di uno Stato, mentre i
diritti naturali o i diritti umani appartengono a tutti gli uomini, a
prescindere dal territorio in cui si trovino.
Ciò premesso appare chiaro che la cornice dentro la quale dobbiamo
ascrivere la nostra piena partecipazione alla società civile e quindi al
nostro essere “cittadini” viene definita dalla
attribuzione e dalla regolamentazione di un insieme di diritti generali
che vanno declinati in relazione alla specificità della nostra
condizione sociale, economica, sessuale, religiosa., affettiva e di vita
(per converso di morte).
E’ necessario per altro precisare che i diritti civili possono (debbono) essere suddivisi in diritti collettivi e diritti individuali,
dove la prevalenza della difesa della collettività dovrebbe essere
considerata la norma e la priorità proprio perché finalizzata alla
difesa di un diritto plurimo e socialmente riconosciuto; inoltre la loro
conoscenza è fondamentale per l’estensione e la conoscenza di quella educazione civica che sembra in parte venuta meno in questi ultimi decenni anche come semplice materia di insegnamento.
Non possiamo, nel voler definire quale società intendiamo costruire,
non fare una valutazione dello stato attuale dei diritti e quali siano
in generale i limiti applicativi degli stessi, anche e soprattutto alla
luce dei cambiamenti che sono intercorsi ed intercorrono nella
dinamicità del vivere sociale e nello svilupparsi tendenziale di una
società sempre più individualizzata.
Esiste un diritto alla vita, inteso anche come diritto al vivere che
viene articolato nella nostra Costituzione in diversi articoli che
riguardano sia la nostra condizione di esistenza sia la nostra
partecipazione alla vita sociale, dove il “vivere” non è
solo respirare, mangiare, dormire, ma anche svolgere una attività
sociale che deve essere prevista, garantita, tutelata e normata:
vogliamo ricordare che la natura pensa all’esistenza, mentre è la
società che deve pensare al benessere dei propri cittadini ed alla
difesa dei loro diritti in generale come a quelli civili in particolare.
Ma se il diritto alla vita ci pare inconfutabile pena l’esistenza di
un diritto ad uccidere ( contradditorio negli USA il fatto che lo stato
possa ucciderti, ma non tollera che tu uccida, né che tu ti uccida), lo
stesso non può non essere coniugato ad un diritto di scelta sulla “propria, individuale”
morte; proprio perché la stessa appartenenza alla vita determina una
responsabilità individuale nella consapevolezza della mia coscienza,
posso e debbo poter responsabilmente scegliere come morire
(il testamento biologico in questo senso deve diventare uno strumento
disponibile per ogni cittadino cosciente e consapevole), non un obbligo,
ma una opportunità di legittima scelta, in particolar modo non deve
essere possibile nessun accanimento terapeutico che prolunghi
artificialmente la vita.
Per analogia per la donazione, di organi deve approvare una normativa
che renda possibile il prelevamento per salvare un’altra vita o
renderla più semplicemente meno difficoltosa
Ciò che questa società (post-moderna) sta evidenziando nel suo
mutamento, è l’affermazione di una valenza del diritto individuale in
quanto tale, cioè una atomizzazione del diritto di ogni singola persona,
cittadino o meno che sia, ed in questo un equilibrio normativo che
sappia comprendere ed indicare un orientamento socialmente corretto non
può escludere, su questo terreno, che “ognun per se” possa assumere una decisione rispettosa e/o avulsa dal diritto stesso, non perché debba esistere “il diritto a non voler diritti”, ma perché si può scegliere individualmente di rinunciare ad un diritto stesso come opportunità di scelta.
Ma chi è cittadino se non chi abita, frequenta, fruisce, opera in un
ambito statuale predefinito e indipendentemente che questo sia stato il
suo luogo di nascita? Questo è un problema che ha a che fare sia con i
flussi migratori realizzatisi o che si realizzeranno, sia con il
concetto che operare, vivere, fruire di beni o servizi in un ambito
sociale deve saper imporre a chiunque di avere nello stesso tempo diritti in cambio di obblighi e doveri perché in questo equilibrio sta quel senso di “responsabilità” che è produttore, garante e legittimo vincolo di cittadinanza.
Cosi come nell’ambito più privatistico se esiste una libertà di
religione o di non religione ( a maggior ragione in uno stato laico) lo
stesso stato deve essere garante delle libertà nelle loro possibili
variabili: del resto siamo cattolici per caso perché nati in Italia,
così come saremmo mussulmani per caso se fossimo nati in medio oriente e
saremmo, sempre per caso, induisti se fossimo nati in India, etc. etc.,
quindi se il caso governa in origine una parte della nostra esistenza
ciò non può non valere per altre sfere della nostra vita privata come
quella degli affetti e della sessualità vissuta come capacità di offrire
piacere e felicità, quindi la medesima libertà deve essere garantita
nella pratica dei propri affetti, anche nelle formalità rituali o nelle
pratiche quotidiane che vanno riconosciute proprio perché esistono e non
perché valutabili alla luce di imperativi morali: la scelta quindi di
operare e di realizzare un regime di vincoli formalizzati e finalizzati
alla tutela del soggetto più debole o alla formalizzazione stessa di un
rapporto non necessariamente etero ci pone nella condizione di
realizzare, in tempi brevi, registri di unioni civili sia per coppie
etero che per coppie dello stesso sesso, proprio come elemento di tutela
e garanzia e di certezza dei diritti derivanti da un unione scelta
liberamente, cosi come andrebbero snellite e rese più celeri le pratiche
di scioglimento di una unione.
Il presupposto sempre ed in ogni caso è avere come base di partenza “I diritti universali dell’uomo”
perché in essi e su di essi si fondano le basi di una società che è
civile proprio perché concerne il cittadino di uno stato nello specifico
del suo rapporto equilibrato con altri cittadini ed il senso
dell’equilibrio va ricercato non nell’eccesso di norme ma nella
liberalità delle scelte possibili e nella accettazione che siamo una
società di eguali diversi gli uni dagli altri.
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