Un piano sociosanitario povero e generico

Il Piano Socio Sanitario Regionale approvato dalla Giunta Regionale che traccia le linee che dovrebbero essere attuate nei prossimi cinque anni, arriva in Consiglio. I contenuti sono generici; mancano sia la definizione delle priorità degli interventi e la programmazione che s’intende attuare per raggiungere gli obiettivi dichiarati, sia le indicazioni sulle risorse in una situazione di riduzione dei trasferimenti dello Stato. Il Piano poi sarà aggiornato annualmente dalla Giunta che deciderà anche sulle risorse da metterci di volta in volta. Al termine della precedente legislatura, in base a una ricerca IRER, la Giunta ha ammesso che nella sanità dovevano essere introdotti importanti correttivi, in particolare sul problema della frattura esistente tra ospedale e territorio, per cui i pazienti dimessi si trovano spesso privi di una efficace organizzazione di cure intermedie, ancor più per le malattie croniche. L’Amministrazione regionale da anni si è riservata tutte le decisioni e la cosiddetta autonomia aziendale di ASL e Ospedali emerge solo per fare condividere responsabilità. Le varie Società della Regione di fatto hanno il monopolio degli interventi di edilizia sanitaria, acquisti, gestione, tanto che il Tesoro ha avviato un’indagine sulle modalità di assegnazione degli appalti. Per ragioni di brevità sottolineo solo i quattro temi più critici.
  1. Rete ospedaliera e continuità assistenziale vengono affrontate con la creazione di strutture di degenza subacuta e postacuta, si parla di nuove Unità di offerta: si tratta di nuovi ospedali? di ospedali esistenti riconvertiti? dei piccoli ospedali che oggi rappresentano un problema ? quale possibilità di realizzazione esiste a fronte delle scarse risorse disponibili? Anche dalle risposte a queste domande dipende il futuro del Mandic, di Rete Salute e soprattutto l’autonomia dell’Azienda Ospedale provinciale.
  2. Sulla Medicina Generale il Piano è vago. Si parla di Unità Complesse di cure primarie “punto privilegiato d’accesso all’assistenza sanitaria di base”; di che cosa si tratta? Per una moderna ed efficace assistenza territoriale si deve puntare sui Servizi di Medicina Generale del territorio dove i singoli medici operano in modo associato ed organizzato, in stretta collaborazione con gli ospedali e le strutture socio-sanitarie e sociali. Per credere a questa riorganizzazione bisogna declinarne criteri, standard di riferimento e indicatori di misura per comprendere e controllare.
  3. Si ammette finalmente che in Sanità il personale non è una “spesa” ma un “investimento”. La Lombardia, per molti anni, ha bloccato le assunzioni e ridotto il turn-over: manovra che ha consentito di raggiungere un bilancio attivo. Malgrado le intenzioni, fra il 2011 ed il 2013, si potrebbe determinare una sensibile riduzione del personale medico ed infermieristico. La Regione riuscirà a far valere a Roma le proprie ragioni?
  4. Si parla di welfare delle responsabilità sottintendendo un ripensamento delle protezioni sociali non più ancorate ai diritti costituzionali ed alle garanzie di esigibilità. Secondo la Giunta, c’è un problema strutturale di carenza di risorse che non garantirebbero più un welfare dei diritti. La caratterizzazione ideologica del principio di sussidiarietà nei fatti, si traduce nel passare il cerino, cioè quote degli oneri di assistenza e cura, nelle mani delle persone e delle famiglie. La famiglia così diventa un produttore di cure complementare o supplente del sistema pubblico o accreditato.
Concludendo: questo Piano è povero e generico, perchè una maggioranza spaventata sceglie di non promettere nulla per non deludere troppo. Presenteremo come gruppo consiliare, sabato 6 novembre al Pirellino agli Amministratori locali i nostri emendamenti.

Carlo Spreafico
Consigliere segretario dell’Ufficio di Presidenza
del Consiglio regionale della Regionale

Commenti