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Visualizzazione dei post da gennaio 6, 2013

L'arena televisiva come Sanremo

Ieri mattina sembrava il day after dei vecchi Festival di Sanremo, quando Claudio Villa sfidava Toni Dallara sulle petunie calpestate dalla folla all'ingresso del Teatro Ariston. Come allora, terminata la gara più sgangherata del mondo, non duello ma duetto, gli italiani, e soprattutto quelli - smarriti - di sinistra, si sono messi a dire che "Silvio Berlusconi ha vinto" e a spiegare perché "Michele Santoro ha perso". E "come mai Travaglio, che finalmente ce l'aveva davanti, ha sì recitato la sua pungente letterina, ma non gli ha fatto neppure una domanda, una sola?". Scritturati dallo stesso impresario come due vecchie glorie,  Santoro e Berlusconi  hanno avuto ben  nove milioni di spettatori , come la partita Italia-Germania. Ai tempi dell'editto bulgaro, quando nacque l'Epica, ciascuno di loro otteneva la stessa audience inseguendosi senza mai incontrarsi. È vero che già si cibavano l'uno dell'altro, ma delegittimandosi

LA UE DA’ RAGIONE AL PD SULL’IMU

LA UE DA’ RAGIONE AL PD SULL’IMU: FIN DALL’INIZIO IL PD PROPOSE A MONTI (PRIMA DEL DECRETO SALVA ITALIA) DI ALLEGGERIRE L’IMU PER I PIU’ DEBOLI AFFIANCANDOLA CON UN’IMPOSTA PERSONALE SUI GRANDI PATRIMONI IMMOBILIARI. L’Unione europea ha bocciato l’Imu, sottolineandone la mancata equità. E’ la conferma della bontà della proposta del Pd che fin dall’inizio (prima ancora che monti varasse il decreto Salva Italia) propose di abbassare questa imposta voluta e approvata dal governo Berlusconi per i cittadini meno abbienti e di compensare questa operazione con un’imposta personale sui grandi patrimoni immobiliari. E dunque esattamente con una forma di progressività del prelievo sugli immobili, proprio come sostiene l’Europa. Prevederne oggi la cancellazione (ma si ricordi l’Imu fu approvata dal governo Berlusconi nell’ambito delle leggi sul federalismo fiscale) è una inutile quanto pericolosa promessa elettorale: l’andamento dei conti pubblici non consentirebbe questa decisione, senza c

Un'agenda per la sinistra

Forse per la sinistra è giunto il momento di togliere lo sguardo dall'Agenda Monti, di sottrarsi alla sua malia, di vedere le opportunità che sempre s'annidano nei disinganni. Che il premier non sia un uomo sopra le parti, la sinistra ormai lo sa, lo vede. L'incanto s'è rotto, Monti salendo in politica è sceso dal piedistallo dove era stato messo, e questo dovrebbe spingere le sinistre coalizzate a concentrare tutte le forze, le attenzioni, su quello che hanno da dire e offrire in proprio. Da dire e offrire a proposito della crisi e dei modi di uscirne, del Welfare e dello Stato di diritto da salvaguardare, dell'Europa e di un mondo non più egemonizzato dalla potenza Usa ma non compiutamente multipolare. Vero è che Monti coltiva sottilmente l'ambiguità: vorrebbe essere al tempo stesso uomo di parte e uomo estraneo alle parti. Vorrebbe entrare in politica guidando un centro liberista e contando umilmente le proprie forze, e al tempo stesso ignorare i numeri,

Sempre quelli

Ieri il segretario della Lega Nord Maroni ha tenuto una conferenza stampa per illustrare i contenuti del rinnovato patto con il Pdl che vedrà Silvio Berlusconi nuovamente leader della coalizione di centrodestra.  Un patto in cui il candidato premier sarà scelto solo dopo le elezioni perché le due forze politiche non hanno trovato un accordo.  Le facce sono le stesse e gli slogan pure: prima c’erano le fantasie secessioniste di Bossi, ora gli inciuci di Maroni, ma la sostanza non cambia. Dopo vent’anni che il Cavaliere e il Carroccio si prendono, lasciano e riprendono, la minestra che propongono agli italiani è ormai rancida e immangiabile. Anche il progetto di macroregione del Nord è solo una scatola vuota, una variante “moderna” del mito separatista padano, buono appena per la campagna elettorale. Il Carroccio chiacchieri meno e cominci a impegnarsi nei progetti concreti per lo sviluppo del Nord, investendo sulle macroregioni europee, vero strumento per costruire un’Europa poli

Ma le tasse vanno ridotte non trattenute

La mossa era nell’aria da qualche giorno, e alla fine le cose sono andate come previsto. Dopo aver giurato e spergiurato «mai più con Berlusconi» la Lega è tornata all’ovile: si presenterà insieme al Pdl sia in Lombardia sia alle elezioni politiche nazionali. La base dell’accordo è chiara sul piano politico, molto meno sul piano tecnico.  L’obiettivo politico sottoscritto da Maroni e Berlusconi è di trattenere in Lombardia il 75% delle tasse versate dai cittadini lombardi, e di arrivare entro la fine della prossima legislatura alla costituzione della macroregione del Nord, formata da Lombardia, Veneto, Piemonte ed eventualmente altre regioni. Sul piano tecnico, invece, è buio totale.  Non è chiaro che cosa si intenda per tasse (tutte le imposte, tasse e tariffe? Solo le imposte locali o anche quelle nazionali?), non è chiaro in che modo si sia giunti a valutare che in Lombardia attualmente resterebbe solo la metà delle tasse riscosse. Soprattutto, nulla si dice su un punto decisiv

Destra e sinistra pari non sono

Si sperava che la salita in politica di Mario Monti fosse, a partire dalla scelta delle parole, l'esatto contrario della discesa in campo di vent'anni fa. Un'azione in grado di elevare il tasso di modernità, concretezza e stile europeo nella lotta politica italiana, avvinghiata a furori ideologici d'altri tempi. Spostare insomma il centro del dibattito dall'eterno "chi" all'attuale "che cosa". La speranza per ora è vana. Il Monti leader ha riscoperto il politichese e parla con il linguaggio di un vecchio democristiano. Con in aggiunta un po' di sussiego professorale. Monti non dice che cosa bisogna fare per uscire dalla crisi, ma chi lo deve fare, ovviamente lui, e chi deve stare fuori. L'elenco è piuttosto lungo, dall'esperto di economia del Pd, Stefano Fassina, alla Cgil di Susanna Camusso, passando per Sel di Nichi Vendola. Il compito assegnato a Bersani, in vista di un'alleanza del centro con il Pd, è di "tagliar

Io sono un conservatore

Conservatori. È l'accusa che Mario Monti ha rivolto a Stefano Fassina, Nichi Vendola. E a Susanna Camusso. I quali, da tempo, avevano imputato al Professore, questo stesso peccato capitale. Monti: colpevole di essere un "conservatore". Perché i conservatori, in Italia, sono impopolari. E stigmatizzati. Da sinistra, ma anche da destra. Nessuno che ammetta di esserlo.  Ebbene, vorrei fare coming out. Io sono un conservatore. Non riesco ad ad accettare i sentieri imboccati dal cambiamento. Molti, almeno. Il paesaggio urbano che mi circonda. E mi assedia. La plaga immobiliare che avanza senza regole e senza soste. L'indebolirsi delle relazioni personali e dei legami comunitari. Il declino dei riferimenti di valore  -  perfino di quelli tradizionali. La famiglia ridotta a un centro servizi, a un bunker sotto assedio. La retorica dell'individualismo esibizionista e possessivo. Che ci vuole tutti imprenditori  -  di se stessi. La Rete come unico "spazio"