L’austerità cieca aggrava la crisi
Scendono oggi in sciopero i dipendenti delle Pubbliche
amministrazioni di Cgil e Uil. Quello che colpisce, oltre all’assenza
della Cisl, è l’oggetto della protesta.
Si chiede di farla finita con il considerare il lavoro pubblico, e i
servizi pubblici, come una zavorra per il Paese e per i suoi conti, e
l’apertura di una fase nuova in cui come leva di cambiamento, di
sviluppo, di difesa dei diritti fondamentali di cittadinanza, sia
proprio la centralità di questi settori.
La scelta di abbandonare la trincea della difesa di interessi corporativi e di ripartire dal valore civile e generale delle attività pubbliche rappresenta il terreno in grado di rovesciare il primo paradosso politico e morale della crisi in atto: originata dalla speculazione e dal malgoverno dei mercati privati della finanza e arrivata a colpire settori e condizioni del tutto incolpevoli, e a ridurre pesantemente investimenti, servizi e occupazione nel settore pubblico, oltre che in quello privato. E insieme di riproporre la insostenibilità anche logica di una linea di totale e cieca austerità che finisce per aggravare la crisi, ridurre i consumi, tagliare occupazione e nel contempo aggravare i deficit degli Stati. Per questo non convincono le ultime scelte del governo. La spending review è sostanzialmente una pratica di tagli lineari, che continua la linea del precedente governo; in materia di sanità, come hanno lamentato le Regioni proprio l’altro ieri, si rischia di interrompere l’equilibrio faticosamente avviato di un risanamento socialmente sostenibile; i tagli agli investimenti ed il ritardo non risolto dei pagamenti delle forniture mettono fuori dal mercato tante aziende private, comprese molte cooperative e tante piccole e piccolissime aziende. Il continuo blocco della contrattazione di ogni livello colpisce innanzitutto qualsiasi processo di ammodernamento e di incremento della produttività. Il blocco delle assunzioni ritarda contro ogni criterio di buona gestione l’entrata dei giovani nel lavoro, e crea la categoria dei precari ex giovani che si trovano ad entrare in contraddizione con la esigenza del rinnovamento senza che si sia mai puntato sulla loro formazione e la forza della loro condizione giovanile di partenza.
La scelta di abbandonare la trincea della difesa di interessi corporativi e di ripartire dal valore civile e generale delle attività pubbliche rappresenta il terreno in grado di rovesciare il primo paradosso politico e morale della crisi in atto: originata dalla speculazione e dal malgoverno dei mercati privati della finanza e arrivata a colpire settori e condizioni del tutto incolpevoli, e a ridurre pesantemente investimenti, servizi e occupazione nel settore pubblico, oltre che in quello privato. E insieme di riproporre la insostenibilità anche logica di una linea di totale e cieca austerità che finisce per aggravare la crisi, ridurre i consumi, tagliare occupazione e nel contempo aggravare i deficit degli Stati. Per questo non convincono le ultime scelte del governo. La spending review è sostanzialmente una pratica di tagli lineari, che continua la linea del precedente governo; in materia di sanità, come hanno lamentato le Regioni proprio l’altro ieri, si rischia di interrompere l’equilibrio faticosamente avviato di un risanamento socialmente sostenibile; i tagli agli investimenti ed il ritardo non risolto dei pagamenti delle forniture mettono fuori dal mercato tante aziende private, comprese molte cooperative e tante piccole e piccolissime aziende. Il continuo blocco della contrattazione di ogni livello colpisce innanzitutto qualsiasi processo di ammodernamento e di incremento della produttività. Il blocco delle assunzioni ritarda contro ogni criterio di buona gestione l’entrata dei giovani nel lavoro, e crea la categoria dei precari ex giovani che si trovano ad entrare in contraddizione con la esigenza del rinnovamento senza che si sia mai puntato sulla loro formazione e la forza della loro condizione giovanile di partenza.
Significativo di questa assenza di logica, che non sia solo quella
dei tagli a prescindere, è il tema della produttività del lavoro. Nei
settori privati da molte parti si richiede la fuoriuscita dai contratti
nazionali per portare ogni scambio salario produttività in azienda,
scelta che per la composizione della nostra tipologia aziendale avrebbe
come conseguenza un ulteriore abbassamento dei valori delle nostre
retribuzioni. Nei settori pubblici, dove esiste un problema di qualità
dei servizi, e in tante parti, anche se non in tutte, di incremento
della produttività il tema viene sostanzialmente ignorato, e risolto con
una progressiva riduzione degli organici che da sola non garantisce più
efficienza ma solo meno qualità e universalità delle prestazioni. Il
grado di civiltà del nostro Paese, il rispetto dei diritti delle persone
e delle aziende, la funzione di sviluppo e di crescita, la certezza dei
doveri comuni, il livello della cittadinanza, sono questi i valori in
gioco in questa partita. La sfera del privato e quella del pubblico non
vanno contrapposte come ideologie ancora presenti ritengono di dover
fare. Ma devono anche da noi tornare a svolgere ruoli e funzioni
distinti e complementari secondo un criterio trasparente che assegna
all’uno funzioni e ruoli che l’altro non può fare, o farebbe in misura
insufficiente, e che non mette in contrapposizione l’obbiettivo
dell’universalità con quello della maggiore efficienza.
E resta poi la vera domanda di questa stagione. Si può, si deve,
aspettare che passi la tempesta dei mercati subendo per spirito di
necessità e realismo tutto quello che arriva, o ci si prova a misurare,
dentro la crisi, con scelte che abbiano un contenuto e una prospettiva
di segno diverso? Nel bene e nel male, il governo ha seguito la prima
strada, il futuro ci consegna il bisogno di una risposta più matura per
quanto difficile.
Il festival dei diritti che si è appena aperto ha quest’anno per tema «Conflitto e solidarietà». Il primo è tipico nelle democrazie per segnare istanze e richieste di cambiamento e protesta. La seconda appartiene al novero delle parole che il pensiero unico ha tentato di nascondere me che puntualmente ritorna con la forza dei fatti, e soprattutto in Europa con la constatazione che i Paesi che affrontano meglio la crisi sono proprio quelli che hanno mercati più efficienti e trasparenti, e società più coese e giuste.
Il festival dei diritti che si è appena aperto ha quest’anno per tema «Conflitto e solidarietà». Il primo è tipico nelle democrazie per segnare istanze e richieste di cambiamento e protesta. La seconda appartiene al novero delle parole che il pensiero unico ha tentato di nascondere me che puntualmente ritorna con la forza dei fatti, e soprattutto in Europa con la constatazione che i Paesi che affrontano meglio la crisi sono proprio quelli che hanno mercati più efficienti e trasparenti, e società più coese e giuste.
Guglielmo Epifani
Da "Il lavoro nella crisi" - 28/09/2012
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