Lettera del sen. Rusconi
Cari
amici,
In
questi ultimi giorni ho ricevuto molte mail da cittadini che mi rimproverano di
aver votato, insieme praticamente a tutto il PD, a favore della “tutela del
trattamento previdenziale dei supermanager pubblici”. Le cose non stanno
esattamente così e vorrei quindi chiarire definitivamente la mia
posizione.
Nel
decreto Salva-Italia presentato dal Governo lo scorso dicembre si stabiliva un
taglio delle retribuzioni degli alti dirigenti pubblici superiori ai 300.000
euro.
Grazie a
questa disposizione numerosi alti dirigenti pubblici che avevano già maturato i
requisiti per il pensionamento erano fortemente incentivati a scegliere di
andare in pensione subito: se avessero continuato a lavorare il nuovo stipendio
decurtato avrebbe comportato una riduzione corrispondente del trattamento
pensionistico di cui avevano maturato il diritto.
E per
tutti coloro che avessero deciso di continuare a lavorare? Il costante
orientamento giurisprudenziale della Cassazione e della Corte costituzionale è
quello di considerare il trattamento pensionistico per il quale una persona ha
già maturato i requisiti, ma che non viene attivato perché continua a lavorare,
come un diritto acquisito che non può essere inciso da nuove disposizioni. Ecco
allora il punto: il provvedimento contenuto nel Salva-Italia si sarebbe
necessariamente esposto a una pioggia di ricorsi da parte di coloro che avessero
deciso di continuare a lavorare, con un’ottima probabilità di successo per i
ricorsi presentati.
Per
evitare questo effetto non voluto, e volendo salvaguardare l’esigenza di rigore
contenuta nel provvedimento, il Governo aveva dunque inserito nel decreto
Salva-Italia una correzione che stabiliva che il taglio previsto non potesse
incidere sul trattamento che gli interessati, decidendo di stare in servizio,
avrebbero maturato dal 1° gennaio in poi. Queste le parole del sottosegretario
Claudio De Vincenti: “Questo articolo fa sì che i dirigenti della Pubblica
amministrazione che hanno già maturato i requisiti di pensionamento, che
volontariamente prolungano la loro attività, al momento dell’andata in pensione
avranno l’assegno calcolato sulla situazione maturata al 22 dicembre
2012”.
L’articolo non
comportava oneri per la finanza pubblica e la sua introduzione aveva come unico
obiettivo quello di evitare possibili ricorsi che, al contrario, avrebbero
imposto costosi aggiustamenti.
Questi i
motivi per i quali ho trovato ragionevole che i partiti della maggioranza si
trovassero d’accordo nel respingere l’emendamento soppressivo della Lega e
dell’IDV che, ripristinando la disposizione iniziale, comporta pericolosi e
costosi effetti non voluti. E sempre per questi motivi mi sono trovato d’accordo
con la posizione largamente condivisa del mio Partito, d’altra parte ritengo
che, salvo su questioni di principio o di coscienza, si debba votare secondo le
indicazioni del Gruppo in cui ci si riconosce. Del resto, come capogruppo di
Commissione, chiedo la stessa fiducia ai colleghi senatori, su tante
votazioni.
Un caro
saluto,
On. Antonio
Rusconi
senatore gruppo PD
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