LA REGIONE SCHIERA GLI AVVOCATI CONTRO LA STAMPA, MA NON CONTRO DACCÒ
I legali incaricati di tutelare
il buon nome della sanità lombarda. Ma la giunta non si costituisce
parte civile sul San Raffaele
Roberto Formigoni teme molto la stampa di questi
tempi. La curiosità non è gradita e i cronisti sono oggetto di
intemperanze anche spiacevoli: la scena del microfono sottratto alla
reporter di Telelombardia rimarrà a testimonianza del clima di questi
giorni, mentre forse si dimenticheranno altre insolenze contro giornali e
giornalisti. Ma il peggio è che dalle parole si è passati ai fatti e la
Giunta nella seduta di martedì ha dato incarico all'avvocatura
regionale di querelare chi avesse infangato il buon nome della sanità
lombarda. Un fatto grave, un tentativo di intimidazione secondo Fabio Pizzul.
"Capiamo il nervosismo del governatore, che si trova a dover dar conto
di frequentazioni imbarazzanti - ha scritto - ma, per favore, lasciate
stare la stampa". Molto curioso è che la stessa solerzia non sia stata
usata nei confronti di chi, stando all'avviso della procura della
Repubblica, avrebbe succhiato soldi a un San Raffaele morente per poi
farli transitare su conti esteri. All'udienza preliminare di Pierangelo
Daccò alcuni soggetti, prima tra tutti la Fondazione San Raffaele Monte
Tabor, si sono costituiti parte civile, ma non la Regione. Un errore
secondo Franco Mirabelli, presidente della commissione
d'inchiesta sul San Raffaele, a cui si deve porre rimedio. "Anche la
Regione Lombardia deve costituirsi parte civile. Sarebbe assurdo che
dopo aver incaricato i legali di tutelare il buon nome della sanità
lombarda nei confronti della stampa, la giunta Formigoni non facesse
altrettanto anche rispetto a Pierangelo Daccò e a chi ha avuto avuto
parte nel crack del San Raffaele e nella vicenda della Fondazione
Maugeri". Questi sì che hanno fatto molto male all'immagine della
Lombardia e del suo sistema sanitario.
da SettegiorniPD
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