La politica di oggi abbonda di Ponzio Pilato

Nel periodo pasquale nelle chiese cattoliche si legge la passione di Gesù Cristo, e si sentono in essa narrare le vicende relative al processo che ha portato alla sua condanna a morte.  Un processo assai particolare, in verità, e che da sempre ha attirato l'attenzione di storici, giuristi e filosofi, ma anche di scrittori ed artisti, per la sua straordinaria concatenazione di eventi e per la sovrapposizione di piani che lo caratterizza.
Un punto che vorrei sottolineare, tra i molti possibili riguarda il passaggio dal processo "giuridico" al processo "politico". Pilato infatti, dopo aver verificato che non vi erano elementi per condannare a morte Gesù -né io né Erode abbiamo trovato in lui nessuna delle colpe delle quali voi l'accusate-, quasi inspiegabilmente non procede all'assoluzione e alla liberazione dell'imputato,  ma decide di trasformare il processo in una consultazione popolare.
Ed infatti si rivolge alla folla che ha davanti a sé -e che certo non costituisce un campione rappresentativo, essendo formata da coloro che gli avevano condotto Gesù per condannarlo- per porre ad essa una domanda: "volete libero Gesù o Barabba". In sostanza, la liberazione di Gesù è posta in alternativa a quella di Barabba, sebbene il primo fosse appena stato dichiarato non colpevole, ed il secondo, al contrario, già condannato.
Dopo aver parificato la condizione dei due, Pilato decide di concedere soltanto ad uno di essi quella che oggi chiamiamo la "grazia", e questa decisione rimette alla folla, con un gesto che può sembrare democratico ma che al contrario si mostra in tutta la sua carica demagogica e di mancanza di senso di responsabilità -tanto è vero che la figura di Pilato viene simbolicamente ricordata come colui che se ne lava le mani-. Dunque chi decide, in sostanza, la condanna di Gesù? E' la folla che grida "crocifiggilo", mediante quindi una decisione apparentemente democratica, o è Pilato, che al popolo trasferisce la competenza e il potere?
Per i cristiani, com'è ovvio, questa domanda é poco rilevante, ma da un punto di vista culturale essa è più interessante, anche per l'oggi. Non sempre rimettere la decisione al popolo é sintomo di democrazia se non si rispettano determinate regole il risultato é esattamente l'opposto: Pilato prima di tutto si sceglie il popolo cui rivolgere la domanda, e poi gliela pone in modo da farsi dare la risposta che voleva: "Volete che io rimetta in libertà il re dei giudei?", tanto è vero che gli evangelisti annotano: "Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia".
Non é forse attuale questo insegnamento? Quante volte le decisioni dei politici sono fatte risalire a veri e presunti sondaggi o volontà popolari manipolate a proprio piacimento, per trarne esattamente le conclusioni che si avevano in testa,  e così per far passare come scelte democratiche soluzioni già decise in partenza, magari per i propri interessi? E quante volte la volontà popolare é manipolata da un modo di presentare le cose parziali e partigiane, al quale l'unica risposta possibile e "giusta" é proprio quella voluta da chi ha posto il quesito?
In questo contesto la figura di Gesù, come quella di tanti poveri di oggi, é di chi deve subire -in silenzio- una condanna già scritta, con l'ulteriore oltraggio di farla passare per una decisione democratica: per questo tace, come sono costretti a fare molti dei senza voce di oggi. A quando una reale democrazia "partecipativa" nei partiti. L'attuale democrazia istituzionale non regge più. Gli occhi per vedere e gli orecchi per sentire li abbiamo tutti.
Saluti,  
Antonio Vermigli

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