Partigiani e demagoghi

Nel 25 aprile forse più incerto della nostra storia le parole di Giorgio Napolitano e Mario Monti hanno il merito di non aggiungere retorica alla retorica e di fissare la rotta. Il capo dello stato richiama i partiti al dovere di fare pulizia («estirpare il marcio» dice con un’espressione volutamente forte), invitandoli a chiudere la stagione elettorale dei «nominati» (altra espressione forte), ma ricordando che le campagne anti-partiti dei «demagoghi di turno», in Italia, non hanno mai portato da nessuna parte. Un richiamo rivolto anche a giornali e tv che negli ultimi mesi soffiano sull’antipolitica con una foga che non si vedeva dall’inizio degli anni Novanta. Napolitano chiude anche la questione del voto a ottobre, una polemica in realtà più inventata dai giornali che agitata dalle forze politiche, ma che ieri trovava spazio su quasi tutte le prime pagine.
Il premier, invece, evoca lo spirito partigiano (bipartisan diremmo oggi) della Liberazione «per far fronte ai gravi sacrifici che la situazione dell’Italia richiede». Un parallelo azzardato ma non infondato, che fotografa in tutta la loro drammaticità i tempi che stiamo attraversando ma con un’apertura alla speranza che ultimamente Monti sembrava aver dimenticato (ricordate l’allusione ai suicidi in Grecia?). Non sarà difficile interpretare le sue parole come una richiesta di fiducia alle larghe intese che sostengono questo governo anche oltre la scadenza elettorale del 2013, in controtendenza con il momento di appannamento che sta vivendo la formula ABC. Vedremo.
Da questo 25 aprile sembra uscire rinsaldato il baricentro Napolitano-Monti che sta reggendo le sorti del paese in un momento difficilissimo. E non è un caso che Beppe Grillo ieri, dal suo blog, abbia messo proprio i due nel mirino citandoli per nome quando ha parlato dei partigiani che, forse, «oggi riprenderebbero in mano la mitraglia». Un po’ troppo, anche per un demagogo.

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