Il lavoro e la Fiat, perché voterei sì

Il PD deve prepararsi a recuperare gli spazi che sinora non è riuscito a togliere al centrodestra nonostante la crisi del berlusconismo che sta paralizzando il paese. Per farlo bisogna avere un'agenda chiara di priorità.
Il lavoro è in cima a queste priorità ma serve un nuovo approccio al tema : avere a riferimento l’economia del futuro e non quella del passato.
In un paese come l'Italia a bassa crescita da anni , a forte invecchiamento , ad alta disoccupazione giovanile e femminile , bisogna prima di tutto porsi il problema della produzione di ricchezza e dell'efficienza del sistema per riuscirci. Continuiamo ad essere invece concentrati sulla distribuzione della ricchezza. Un paese manifatturiero trasformatore di materie prime più perde industria più perde capacità di produrre ricchezza .
Il 2011 potrebbe segnare l'uscita dalla crisi economica , ma non sarà così per tutti , ma soprattutto bisognerà vedere come e chi ci esce . L'Italia ha risorse eccezionali ma sono bloccate da burocrazie impressionanti, da privilegi di corporazione , da un sistema di relazioni industriali che non ha messo al centro l'impresa nel mondo globale. Lo scambio negoziale oggi dovrebbe essere tra produrre più ricchezza a condizione di avere più risorse per chi lavora e una partecipazione alla conduzione dell'impresa . Nel caso Fiat chi parla di manomissione di diritti , confonde le conquiste negoziali con le garanzie costituzionali Le prime sono frutto della libera contrattazione e variano a seconda dei settori e delle contingenze, le seconde sono tutelate dalla legge e non si discutono nelle trattative aziendali. L’accordo Fiat fa quello che in molti altri casi si è fatto per affrontare situazioni di emergenza allo scopo di creare nuove occasioni di sviluppo. Per questo voterei a favore.
Nella mia lunga esperienza sindacale nei metalmeccanici ho imparato la lezione e questo mi ha permesso di avere il consenso in complicate trattative che prevedevano modifiche ai regimi esistenti in cambio di lavoro. Ne ricordo tre che fecero scalpore . Alla SGS oggi ST di Agrate, per evitare lo spostamento della produzione , abbiamo fatto un accordo in deroga al lavoro notturno femminile e per introdurre il lavoro domenicale ,chi era contro fece perdere alla Fim molte tessere; in tre anni si sono creati 500 nuovi posti di lavoro per giovani studenti e le tessere sono state recuperate . Alla Guzzi di DeTomaso abbiamo negoziato un aumento dei ritmi di lavoro per evitare cento licenziamenti e far rientrare i costi in quelli della concorrenza. Alla Black and Decker l’uscita dall’Italia è stata negoziata per lasciare qui produzioni che facendo nascere nuove aziende hanno garantito a tutti il lavoro anche se inizialmente a salari più bassi .
Un sindacalista sa che in una trattativa non può scegliersi la controparte ,gli argomenti e il momento per trattare, ma sa anche che nelle condizioni date deve fare il miglior accordo possibile.
Può esserci diversità di giudizio sulla mediazione raggiunta ma non la messa in discussione di questi principi . I lavoratori sanno scegliere tra la chiusura di un’azienda e quella di un accordo, perché il lavoro viene prima.
Il problema sono gli strumenti per controllare che l’accordo dia i risultati dichiarati e che i lavoratori possano incassare l’obiettivo dello scambio. Qui entra in gioco la mancanza di democrazia economica, cioè una legislazione di sostegno al controllo delle decisioni aziendali da parte dei lavoratori attraverso loro qualificati rappresentanti.
Di questa mancanza italiana nel sindacato e in politica, non sono responsabili tutti allo stesso modo.
Non si può più chiedere di lavorare in azienda come degli azionisti ma a condizioni operaie e se ne deve rendere conto anche chi fa il riformista . Democrazia economica significa coinvolgimento e responsabilizzazione e prevede l'avvicinamento dei centri negoziali ai luoghi dove si produce. Solo in questo modo si corregge , senza aumentare il costo del lavoro, un meccanismo distributivo che oggi penalizza la parte più produttiva del nostro sistema .
Nel PD come nel sindacato, ci sono posizioni diverse su questi temi e questo spiega la difficoltà a definire una posizione comune, ma i tempi dell’impresa e quelli della società non aspettano .

Carlo Spreafico
Consigliere segretario dell’Ufficio di Presidenza
del Consiglio regionale della Regionale

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