«Basta merce cinese», ma la Lega ha merchandising made in China


Altro che difesa delle imprese "padane" o italiane; altro che le gloriose campagne per boicottare la concorrenza sleale dei cinesi o dei paesi in via di sviluppo: la Lega è sempre più made in China.
Come avevamo già dimostrato in occasione delle europee del 2009, quando c'è da promuoversi con gadget elettorali il Carroccio non riconosce più i vecchi slogan, quelli del calibro di "No alla invasione di merci cinesi" - e si piega alla convenienza.
E' successo di nuovo a Natale con il brand "Milano": magliette, felpe e palle di Natale, messe sul mercato con il simbolo del Comune ma prodotte in Cina, Cambogia e altri Paesi orientali. Il caso è arrivato in questi giorni sulle pagine e sui siti dei giornali grazie alla denuncia del consigliere Pd milanese Pierfrancesco Maran, che ha subito puntato il dito contro Alessandro Morelli, assessore leghista al Turismo, Marketing Territoriale e Identità.
Un'identità dimenticata, quella lombarda, se anche il panettone "Milano" viene poi prodotto in Veneto e non sotto la Madonnina. «Viene da pensare - ha commentato al Corriere della Sera Milano il consigliere Maran – che la tradizione tessile lombarda non sia in grado di produrre nemmeno una felpa, tra l'altro venduta alla bellezza di 40 euro». «Sono le leggi di mercato», hanno risposto la sindaca Moratti e lo stesso assessore.
D'altra parte quelle leggi la Lega le conosce da tempo ormai. Come dimenticare i gagliardetti, i portachiavi, le magliette targate "made in China" e distribuite ai gazebo elettorali alla vigilia delle europee 2009. C'erano anche le salviettine e i sottobichieri "Cin Cin, cinesi no grazie".

Giuseppe Vespo

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