I numeri veri del senza lavoro

"Non commento dati esoterici, commento solo dati che vengono da fonti come Eurostat": è la dichiarazione del Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi in relazione all'analisi contenuta nel Bollettino Economico n. 62 della Banca d'Italia, secondo cui una misura più ampia del grado di sottoutilizzo dell'offerta di lavoro che include i lavoratori scoraggiati e l'equivalente delle ore della Cassa integrazione guadagni (CIG) collocherebbe il tasso di disoccupazione sopra l'11 per cento nel secondo trimestre 2010.
Non è la prima volta che il ministro del Lavoro cerca di invalidare, con battute liquidatorie, le analisi della Banca d’Italia: lo aveva già fatto nel gennaio scorso, quando nel suo bollettino la Banca d’Italia aveva introdotto per la prima volta questa chiave di lettura. Una chiave di lettura che Nens aveva già adottato con un intervento del dicembre 2009 (“Il lavoro in tempo di crisi. Perché l'Italia non va meglio dell'Europa”), ribadita commentando i dati Bankitalia di gennaio 2010 (“La disoccupazione, Bankitalia e il nervosismo del governo”) e aveva dettagliatamente argomentato ancora con una analisi pubblicata nel maggio scorso (“Con la cassa integrazione la disoccupazione è al 12%. In due anni un milione di posti di lavoro in meno”).
Ma vediamo che cosa emerge dai dati. Secondo i numeri di Eurostat nel secondo trimestre 2010, rispetto a due anni prima, il numero di occupati in Italia è risultato inferiore di 554 mila unità, mentre le persone in cerca di occupazione sono aumentate di 392 mila unità. Il tasso di disoccupazione è passato dal 6,8% all'8,5%: un salto in avanti notevole, ma ad un livello inferiore a quello medio della Zona Euro (10% nel secondo trimestre 2010). Nel complesso, le forze di lavoro sono diminuite di 162 mila unità, mentre gli inattivi sono cresciuti di 529 mila unità.
In realtà, come anche Nens ha ripetutamente evidenziato, una valutazione accurata delle conseguenze della crisi sul mercato del lavoro non può prescindere da due fenomeni peculiari del nostro Paese:
  1. l'impennata della cassa integrazione guadagni (CIG), passata da 51,8 milioni di ore autorizzate nel secondo trimestre 2008 a 333,9 milioni nel secondo trimestre 2010. In termini di occupati equivalenti l'aumento è da 108 mila a 696 mila unità (dallo 0,3% al 2,8% delle forze di lavoro). Si tratta di forza lavoro formalmente occupata ma in realtà non utilizzata. L'Italia (con la CIG), insieme alla Germania (dove esiste un meccanismo simile, il Kurzarbeit), è il Paese europeo in cui si è più fatto ricorso a sussidi per la riduzione dell'orario di lavoro;
  2. il forte aumento degli inattivi (+529 mila unità) e del tasso di inattività (dal 36,5% al 37,5%) in Italia è decisamente anomalo anche considerando che fra il 2008 e il 2010 si è registrata una forte riduzione delle forze di lavoro nonostante il robusto incremento della popolazione in età lavorativa. Nello stesso periodo nella Zona Euro gli inattivi sono rimasti stabili (-18 mila unità) e il tasso di inattività è lievemente calato (dal 28,6% al 28,5%). Se in Italia il tasso di inattività fosse rimasto invariato rispetto a due anni prima (come è avvenuto nel resto d’Europa), nel secondo trimestre 2010 gli inattivi sarebbero stati 395 mila unità in meno.
Sommando alle persone in cerca di occupazione (2,089 milioni) gli occupati equivalenti in Cassa Integrazione (696 mila) il numero dei lavoratori non utilizzati nel secondo trimestre 2010 è pari a 2,785 milioni (l’11,3% delle forze di lavoro). Tenendo conto dell’aumento anomalo degli inattivi l’offerta di lavoro non utilizzata può essere valutata attorno al 13% delle forze di lavoro.
A conclusioni simili giunge l'ultimo Rapporto Occupati e CIG del dipartimento Settori produttivi della CGIL Nazionale, che stima un tasso di disoccupazione “reale” pari all'11,5% nel secondo trimestre 2010.
I dati che il Ministro Sacconi ritiene “esoterici” sono dunque piuttosto chiari e molto preoccupanti. La Grande Recessione non ha provocato solo un rilevante aumento dei disoccupati “in senso stretto”. In due anni si è registrata anche una fortissima crescita dei lavoratori “congelati” in CIG (molti dei quali rischiano di ingrossare le fila dei disoccupati, in assenza di una ripresa intensa e duratura) e una espansione degli inattivi che non ha riscontro nel resto d'Europa e che tutti gli analisti legano allo scoraggiamento. Problemi seri che il Ministro del Lavoro dovrebbe tentare di affrontare, più che esorcizzare.

Fonte dal web

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