La banda e il bandolo

Che Berlusconi, diciotto anni fa, scese in campo per salvare se stesso dalla giustizia e le sue aziende dal fallimento non è un malevolo sospetto, ma un dato storico confermato da alcuni tra i suoi più autorevoli amici e sostenitori. Resta scolpita sul granito la confessione di Fedele Confalonieri in un'ormai storica intervista a Repubblica: «La verità è che, se Berlusconi non fosse entrato in politica, se non avesse fondato Forza Italia, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera con l'accusa di mafia».
Ecco a cosa serve la memoria: consente di orientarsi nelle situazioni confuse e di trovare il bandolo della matassa. Nel caso del nostro premier il bandolo è sempre quello e ricompare puntualmente nei momenti cruciali. Dunque anche ora che il suo partito di plastica, dopo appena un anno e mezzo dalla fondazione, si è rotto.
A quanto pare è furente. Il ministro della Guerra Ignazio La Russa gli aveva assicurato che i "finiani" si contavano sulle dita di due mani e, pochi minuti dopo averli cacciati, ha scoperto che erano il triplo. È fuori di sé il premier non solo per l'errore nei conti, ma anche perché la possibilità di rovesciare il tavolo ed arrivare in tempi rapidi a elezioni anticipate (da condurre senza risparmio di mezzi economici, dossieristici e televisivi per realizzare il colpo di mano presidenzialista) appare lontana. Mentre è abbastanza vicino l'autunno quando, assieme alle foglie, potrebbe cadere anche il legittimo impedimento.
Sì, il bandolo della matassa berlusconiana è sempre quello: la paura dei giudici e della giustizia. Con una terribile complicazione in più. Che se fino a poco tempo fa poteva contare sul sostegno di Fini - il quale dovrà un giorno spiegare come si concilia il suo discorso di ieri con quelli dell'altro ieri - adesso si ritrova solo con la Lega (ma per quanto tempo gli elettori di Bossi potranno sopportare?) e con una compagnia di fedelissimi che si chiamano Denis Verdini e Nicola Cosentino. Oltre all'imbarazzantissimo, ma imprescindibile, Marcello Dell'Utri. Ne vedremo delle belle. Nell'entourage di Berlusconi c'è molta preoccupazione. I più saggi tra i suoi consiglieri, quelli che avevano tentato fino all'ultimo di convincerlo a non usare il pugno di ferro contro Fini, adesso temono che martedì prossimo al Senato pronunci un discorso incendiario ed eversivo sulla giustizia. E che sveli ulteriormente, se ancora ce ne fosse bisogno, le tremende preoccupazioni che lo muovono.
P.S. La spregiudicatezza dell'uomo ieri, a tarda sera, è stata confermata da una maldestra e strumentale citazione di Sandro Pertini. Uno di quelli che il fascismo «mandò in villeggiatura», come disse qualche anno fa, in una delle più disgustose tra le sue innumerevoli gaffe. Comunque, visto che il premier l'ha inopportunamente evocato, quel nome ce lo riprendiamo noi, perché ci appartiene. Per ricordare (usiamo la memoria, consultiamo gli archivi) quanto quel vecchio partigiano disse dell'associazione alla quale Silvio Berlusconi era iscritto e che appena tre giorni fa Denis Verdini ha pubblicamente difeso: «Nessuno può negare - disse Pertini - che la P2 è un'associazione a delinquere».
Sì, sono sempre quelli, il bandolo e anche la banda.

Giovanni Maria Bellu

Commenti