Dal PdL spettacolo indecoroso. Ormai ci sono due Destre


"Dalla direzione del Pdl arriva uno spettacolo indecoroso ma Fini ha sollevato contraddizioni profonde del Pdl su temi e problemi reali”. Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, commenta lo scontro avvenuto nella direzione del PdL, tra il Premier Silvio Berlusconi e il presidente della Camera Gianfranco Fini. La terza carica dello Stato è arrivato allo scontro al calor bianco con il Premier, pur sapendo che nella Direzione i rappresentati dell’ex AN vicini a lui erano pochissimi non ha esitato a rinfacciare a Berlusconi gli errori di un PdL a rimorchio della Lega.
Nei loro interventi si sono rinfacciati tutto. Berlusconi al microfono lo ha attaccato: "Tu nei giorni scorsi hai detto di esserti pentito di aver fondato il PdL", tra le proteste fuori microfono dello stesso Fini. E quando il Premier ha rilanciato la tesi avanzata in mattinata da Schifani: "Vuoi fare politica? Lascia la presidenza della Camera" Fini ha replicato alzandosi dalla prima fila e puntandogli l'indice contro: "Sennò mi cacci?".
Insomma l’analisi che il segretario del Pd faceva analizzando il voto delle regionali, di un PdL che sarebbe andato verso la crisi, si sono mostrate fondatissime e l’impressione davanti alle immagini che in diretta trasmettono lo scontro tra Berlusconi e Fini, è quella di essere “ormai davanti a due destre diverse, con Fini si può ragionare su temi come le riforme e lui ha sollevato contraddizioni profonde del PdL su temi e problemi reali".
Il segretario del Pd non crede più alle intenzioni del Premier. In mattinata ancora prima del duro confronto tra il Cavaliere e l'ex leader di An Bersani faceva un pronostico pessimista sulle riforme con l'ok delle opposizioni: "Non vanno al merito delle questioni e non hanno il coraggio di registrare le differenze profonde tra loro, quindi non si farà alcuna riforma perché continuare a tacitare e a tacitarsi è arrivare a stare fermi'". E quando Fini, dal palco della direzione, punterà l'indice sia sulla democrazia del PdL sia sull'azione di Governo la previsione si avvera. Le critiche sulla giustizia come sul modo di affrontare la crisi economica, sull'immigrazione come sullo strapotere della Lega, non si discostano molto da quelle dei democratici e Bersani è convinto che le fratture dentro il PdlLsiano ormai difficilmente sanabili. Quindi, pur non tifando per una fine anticipata della legislatura, ritiene che bisogna accelerare nella costruzione di un'alternativa di Governo ed incontra per questo Antonio Di Pietro.
Come se non bastasse il Presidente del Senato, Renato Schifani ha chiesto a Fini di rinunciare al suo incarico se vuole far politica. E Bersani commenta: “Chi non fa politica scagli la prima pietra”.
Una mossa avventata quella di Schifani che lo ha visto “scendere nell'agone politico per prendere le parti di Berlusconi, di fatto spogliandosi delle sue funzioni di presidente del Senato e, di fatto, diventando un semplice militante del PdL”. È l’accusa della Presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, che ha messo il presidente del Senato sul banco degli imputati accusandolo di ''umiliare le sue funzioni per beghe interne'' al PdL. La capogruppo prevede un governo “immobilizzato dalle polemiche interne e non affronterà le questioni che un governo serio e responsabile dovrebbe risolvere: penso alla crisi economica e alle riforme economiche e istituzionali. Invece questo governo continuerà ad ignorare l'Italia''.
Rosy Bindi, presidente dell'Assemblea nazionale del Partito Democratico, è abituata alle battaglie politiche. Meno ai litigi come quelli della direzione del Pdl: “La prepotenza di Berlusconi vanifica gli sforzi di Fini di superare il centralismo carismatico del PdL. Il premier si comporta nel partito come nel paese, come se fosse una cosa sua. E questa non è na buona notizia. Abbiamo visto un partito che litiga, anche in modo scomposto, non un partito che discute”. La realtà, secondo la Bindi, "è che nel PdL non c'è pluralismo, perché non basta un dissidente a fare un partito democratico e plurale. Tanto più se la maggioranza appare sorda e persino ostile alle ragioni di chi esprime una posizione diversa e nei documento messi in votazione- conclude citando il documento che sancisce votazioni a maggioranza nel PDL passato con 11 no e 1 astenuto - non c'è traccia delle ragioni degli altri".

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